Il solare indiretto, ovvero lo sfruttamento delle biomasse, oltre a riportarci
ai problemi relativi alla combustione, possiede un’efficienza nettamente
inferiore del solare diretto (un metro quadrato coltivato a pioppi consente un
risparmio di appena 0,4 litri di petrolio, mentre se sulla stessa superficie
viene posizionato un pannello solare questo produce un risparmio pari a ben 26
litri!).
La coltivazione di pioppo a livello intensivo per la produzione di energia sottrae inoltre terreni alle coltivazioni per l’alimentazione umana.
La coltivazione di pioppo a livello intensivo per la produzione di energia sottrae inoltre terreni alle coltivazioni per l’alimentazione umana.
Esiste la possibilità di
stabilire una relazione abbastanza precisa tra il quantitativo di legno
prodotto dall'azienda agricola e la quantità di energia producibile utilizzando
cippato e stralci di potatura. In base a questa valutazione si può tranquillamente
affermare il netto sovradimensionamento della centrale, nella misura di almeno
sei volte rispetto allo scarto disponibile in loco, invitandoci a riflettere
sulla logica di un’operazione di questo tipo, che renderebbe Sinalunga il
centro di raccolta degli scarti provenienti da altre zone. Quanto ai risvolti
economici possiamo dire di essere tutti “soci” di questa impresa, in quanto
essa viene finanziata con denaro pubblico attraverso i cosiddetti “certificati
verdi”, che consentono di vendere l’energia da essa prodotta ad un prezzo
nettamente superiore a quello di mercato (se la compagnia produttrice acquista
energia già prodotta può abbassare la produzione propria e rimanere al di sotto
dei limiti fissati nel protocollo di Kytoo e nella successiva conferenza di
Copenaghen, evitando di pagare le conseguenti multe).
Infine per quanto riguarda la classificazione delle biomasse come fonti di energia rinnovabili, vi sono vari dubbi espressi dai più recenti studi, che ritengono inattendibile il loro presunto bilancio “neutro” per quanto riguarda la produzione di anidride carbonica (tanta ne produrrebbero bruciando quanta ne avrebbero consumata crescendo). Le nuove tendenze, in parziale revisione al protocollo di Kyoto, assegnerebbero dunque alle biomasse una percentuale di rinnovabilità non superiore al 70% (stante la necessità di spendere altra energia per trasportarle presso i luoghi in cui verrebbero bruciate).
Il problema risiede nel mercato e nella scarsa incentivazione di questa risorsa, è infatti conveniente acquistare legname dall’estero che costa non più di 5 euro al quintale, contro i circa 8 euro del legname nazionale. In "virtù" di queste distorsioni del mercato nei paesi emergenti vengono distrutti ettari di foreste secolari per produrre cippato, che poi viene esportato nei paesi più industrializzati come l’Italia, producendo enormi danni all’ambiente e rendendo insostenibile l’operazione anche a livello energetico (l’energia impiegata per il trasporto è talvolta superiore a quella prodotta dalla combustione di questo legname).
Infine per quanto riguarda la classificazione delle biomasse come fonti di energia rinnovabili, vi sono vari dubbi espressi dai più recenti studi, che ritengono inattendibile il loro presunto bilancio “neutro” per quanto riguarda la produzione di anidride carbonica (tanta ne produrrebbero bruciando quanta ne avrebbero consumata crescendo). Le nuove tendenze, in parziale revisione al protocollo di Kyoto, assegnerebbero dunque alle biomasse una percentuale di rinnovabilità non superiore al 70% (stante la necessità di spendere altra energia per trasportarle presso i luoghi in cui verrebbero bruciate).
Il problema risiede nel mercato e nella scarsa incentivazione di questa risorsa, è infatti conveniente acquistare legname dall’estero che costa non più di 5 euro al quintale, contro i circa 8 euro del legname nazionale. In "virtù" di queste distorsioni del mercato nei paesi emergenti vengono distrutti ettari di foreste secolari per produrre cippato, che poi viene esportato nei paesi più industrializzati come l’Italia, producendo enormi danni all’ambiente e rendendo insostenibile l’operazione anche a livello energetico (l’energia impiegata per il trasporto è talvolta superiore a quella prodotta dalla combustione di questo legname).
Questa situazione è favorita
proprio dall’incentivazione delle centrali a biomasse sul modello di quella
proposte in tutta Italia, che rappresentano soltanto un grande business per gli
imprenditori, allettati dagli elevati incentivi elargiti dallo stato per
l’energia prodotta con queste fonti.
Occorre a questo punto distinguere il concetto di pericolo da quello di rischio.
Si definisce pericoloso ciò che è in grado di arrecare danno alla salute umana. Ciò che è pericoloso diventa rischioso quando si verifica l’esposizione dell’uomo al pericolo stesso. In base a questo concetto un vulcano su un’isola deserta, pur pericoloso, non sarebbe rischioso, in quanto non vi sarebbe esposizione da parte di nessun uomo a questo pericolo. In seguito all’esposizione ad un rischio può verificarsi un danno. Concludendo il rischio è matematicamente il prodotto tra la frequenza di accadimento del danno e l’entità del danno stesso. Un mito da sfatare riguardo alla pericolosità di determinati agenti è rappresentato dalla concezione per la quale ciò che è “naturale” non sia pericoloso. Niente di più falso, poiché in natura esistono diverse sostanze pericolose per la salute umana. Pertanto, ricollegandoci al discorso biomasse, bruciare legno (elemento naturale) è sicuramente pericoloso. Diventa rischioso quando se ne brucia in grandi quantità, come nella centrale in progetto, pertanto si espone tutta la popolazione all’azione di tutte quelle sostanze che da numerosi studi risultano dannose per la salute. Come è possibile ridurre questo rischio? Il rischio si riduce riducendo l’esposizione. In questo caso va ridotta l’esposizione ai fumi della centrale. Questo è possibile riducendo la quantità di sostanze inquinanti presenti nei fumi stessi, mediante filtraggio. Tuttavia gli studi dimostrerebbero che talune sostanze ritenute cancerogene per l’uomo esplicherebbero la loro azione indipendentemente dalla frequenza di esposizione alle stesse. In ogni caso i tipi di filtri adottati nella centrale in costruzione non sono in grado di trattenere le polveri più sottili, le cosiddette nanoparticelle, che penetrano in profondità nei nostri polmoni e possono entrare in circolazione andando a colpire qualsiasi organo del nostro corpo.
Occorre a questo punto distinguere il concetto di pericolo da quello di rischio.
Si definisce pericoloso ciò che è in grado di arrecare danno alla salute umana. Ciò che è pericoloso diventa rischioso quando si verifica l’esposizione dell’uomo al pericolo stesso. In base a questo concetto un vulcano su un’isola deserta, pur pericoloso, non sarebbe rischioso, in quanto non vi sarebbe esposizione da parte di nessun uomo a questo pericolo. In seguito all’esposizione ad un rischio può verificarsi un danno. Concludendo il rischio è matematicamente il prodotto tra la frequenza di accadimento del danno e l’entità del danno stesso. Un mito da sfatare riguardo alla pericolosità di determinati agenti è rappresentato dalla concezione per la quale ciò che è “naturale” non sia pericoloso. Niente di più falso, poiché in natura esistono diverse sostanze pericolose per la salute umana. Pertanto, ricollegandoci al discorso biomasse, bruciare legno (elemento naturale) è sicuramente pericoloso. Diventa rischioso quando se ne brucia in grandi quantità, come nella centrale in progetto, pertanto si espone tutta la popolazione all’azione di tutte quelle sostanze che da numerosi studi risultano dannose per la salute. Come è possibile ridurre questo rischio? Il rischio si riduce riducendo l’esposizione. In questo caso va ridotta l’esposizione ai fumi della centrale. Questo è possibile riducendo la quantità di sostanze inquinanti presenti nei fumi stessi, mediante filtraggio. Tuttavia gli studi dimostrerebbero che talune sostanze ritenute cancerogene per l’uomo esplicherebbero la loro azione indipendentemente dalla frequenza di esposizione alle stesse. In ogni caso i tipi di filtri adottati nella centrale in costruzione non sono in grado di trattenere le polveri più sottili, le cosiddette nanoparticelle, che penetrano in profondità nei nostri polmoni e possono entrare in circolazione andando a colpire qualsiasi organo del nostro corpo.
Dobbiamo fare un passo avanti
nella definizione del concetto di salute, che non coincide più con il non
manifestarsi della malattia e nemmeno con il benessere psicofisico
dell’individuo, ma più ampiamente la salute è classificabile come l’assenza dei
fattori di rischio. Il rischio può essere ridotto facendo prevenzione primaria
(da parte dei tecnici, che riducono i fattori di rischio) e secondaria (da
parte dei medici, che possono ridurre i tempi della diagnosi e migliorare
l’assistenza sanitaria). Un rischio può anche essere accettato, se i benefici
(ad esempio economici) che si traggono fanno dimenticare il rischio stesso.
Rimane tuttavia da chiedersi se abbia un senso “vendere” la salute, quando è
noto che la salute non ha prezzo.
Tra gli inquinanti contenuti nei
fumi che produrrà l’ipotetica centrale vi sono composti del cloro, metalli
pesanti (che sono presenti, anche se in percentuali minime, nel legno di
pioppo). Vi sarà inoltre una notevole produzione di SOx ed NOx (questi ultimi
sono tra l’altro precursori del PM 10, ovvero possono innescare nell’aria delle
reazioni chimiche che portano successivamente alla formazione delle particelle
sottili). In accordo a ciò per gli ossidi di zolfo e di azoto sopra citati
potrebbero esserci dei superamenti dei limiti imposti, soprattutto nelle ore notturne,
quando i movimenti dell’aria sono più limitati (durante la cosiddetta “calma di
vento”).
Nel piano industriale presentato riguardo le emissioni mancano gli studi sulle concentrazioni di cloro e metalli pesanti. Infine non sono stati compiuti studi approfonditi riguardanti lo sfruttamento delle falde acquifere per il raffreddamento delle turbine. Andrebbero analizzate attentamente le conseguenze di prelievi, scarico in fognatura e immissione in atmosfera di grandi quantità di vapore che potrebbero portare all’alterazione del microclima.
Nel piano industriale presentato riguardo le emissioni mancano gli studi sulle concentrazioni di cloro e metalli pesanti. Infine non sono stati compiuti studi approfonditi riguardanti lo sfruttamento delle falde acquifere per il raffreddamento delle turbine. Andrebbero analizzate attentamente le conseguenze di prelievi, scarico in fognatura e immissione in atmosfera di grandi quantità di vapore che potrebbero portare all’alterazione del microclima.
In conclusione il progetto proposto per Sinalunga appare
nettamente sovradimensionato per le esigenze del proponente e per lo
sfruttamento eccessivo del territorio, con un bilancio di impatto ambientale
fortemente negativo.
Nessun commento:
Posta un commento